Lo gnosticismo di tutti i tempi
cerca di ridare all’uomo la sua sacralità, di risvegliare quanto di sacro in
lui c’è ancora, in modo che realmente possa fondersi con il suo proprio Essere.
L’ignoranza va vinta con la
Gnosi, o auto-gnosi, cioè autocoscienza di se stessi. L’anima, caduta nell’oblio
di sè, deve risvegliarsi; consapevolezza di sè, significa fare coscienza di ciò
che realmente si è e di ciò che non si è. Ripulendo la propria psiche, appannata
dalle scorie o Io della sua caduta, l’uomo può ricongiungersi con la sua radice
divina. Potremo riprendere la nostra vera natura, dissolvendo quella seconda
natura artificiosa ed illusoria che ci siamo creati e che ci ha fatto
disconoscere la nostra origine divina.
Tutto converge in un unico punto:
la Sorgente. Il fondamento. L’Assoluto. In ogni tradizione c’è un’esperienza
della realtà trascendente, interpretato in termini di non-dualità. Vi è prima
di tutto il Principio supremo, la Verità ultima, oltre i nomi e le forme, il
Brahman Nirguna nell’Induismo, il Nirvana o Sunyata nel Buddhismo, il Tao senza nome della tradizione
cinese, la Verità del Sikismo, la Realtà -al Haqq- del Sufismo, l’Infinito Ain della Cabala
ebraica, la Natura Divina nel Cristianesimo,
il Pleroma Gnostico. Nel punto centrale tutte le distinzioni inerenti ai punti di vista
esteriori vengono superate; tutte le opposizioni si sono dileguate e risolte in
un perfetto equilibrio. Nello stato primordiale queste opposizioni non
esistevano. Esse sono tutte derivate dalla diversificazione degli esseri
inerente alla manifestazione e dai loro contatti dovuti alla rotazione della
“ruota cosmica”. Nell’essere che ha ridotto a nulla il suo “io distinto” e il
suo movimento nel particolare, le opposizioni terminano. Per colui che dimora
nel centro tutto è unificato, poichè egli vede ogni cosa nell’unità del
Principio; tutti i punti di vista particolari che sono fondati soltanto sulla
soggettivia dell’IO, su distinzioni , e da cui nascono tutte le divergenze
delle opinioni individuali, sono per lui svaniti, riassorbiti nella sintesi
totale della conoscenza trascendente, appropriata alla verità una e immutabile.
Per chi sia giunto a realizzare perfettamente l’unità in se stesso, essendo
cessata ogni opposizione è al di là da tutti i punti di vista particolari.
Stabilitosi definitivamente al centro di tutte le cose, egli “è legge a se
stesso”, perchè la sua volontà è una con il Volere universale, egli ha ottenuto
la Pietra Filosofale che è veramente la presenza divina; egli vede l’unità in
tutte le cose e tutte le cose nell’unità, nell’assoluta simultaneità
dell’eterno presente.
”Se con metodo razionale noi studiamo i
diversi sistemi religiosi del mondo, se ne studiamo i simboli, le allegorie, i
significati occulti e se confrontiamo poi le varie dottrine fra di loro, non
tarderemo a rilevare che tutte contengono una verità fondamentale la cui
esistenza è ignota al maggior numero dei loro seguaci e la cui sublimità, anche
se la predichino dal pulpito, sfugge alla loro comprensione. Questa verità è
che tutto è Uno, l’eterno Spirito divino abita in ogni cosa. La persona non è
che un fenomeno passeggero, un’illusione e la felicità eterna non può ottenersi
senza aver prima distrutta l’illusione dell’io. La verità di questa
dottrina è evidente se noi osserviamo con attenzione la vita quotidiana
dell’uomo: più l’uomo converge le proprie sollecitudini sopra sè medesimo,
tanto più si sentirà infelice e inappagato; quanto più dimentica sè stesso,
tanto più gioirà. Perchè mai gli uomini corrono dietro ai piaceri e ai
divertimenti? Perchè cercano le bevande inebrianti, la musica inferiore, le
esposizioni, i teatri e tutte le dissipazioni sensuali di
tal genere? Non forse perchè, in quel momento, essi dimenticano se stessi?
Nessun uomo ha una vita che sia sua propria. La vita che egli chiama sua non
gli è che prestata per il breve tempo del suo soggiorno terrestre e deve poi
far ritorno alla Natura. La
sua vita è tolta dal magazzino universale della vita e vi ritorna non appena
egli ha recitato la sua parte. Ecco perchè i Gnostici dicono che colui che
conosce l’Uno conosce ogni cosa, mentre colui che si illude di saper molte
cose, non conosce che dei vani fantasmi, ombre proiettate dalla luce dell’Uno.”
Franz Hartmann
“Causa della disarmonia e
dell’insoddisfazione
è la separazione dell’uomo dalla propria essenza.”
Idries Shah
“L’anima, per sua natura, è
innamorata dell’Uno e desidera unirsi a Lui come una vergine ama nobilmente il
suo nobile padre; ma se, entrata nel mondo del divenire, si lascia sedurre
dalla brama di pretendenti e passa, per la lontananza del padre, ad altro amore
terreno, cade nel disonore; ma poi, disprezzando le violenze del mondo, essa si
purifica da ogni cosa terrestre e, pronta a tornare al padre suo, ritrova la
sua gioia. Allora essa non vorrebbe nient’altro in cambio, nemmeno le si
donasse il cielo intero, poichè sa che non c’è nulla di migliore nè un bene
maggiore: essa infatti non può salire più in alto e tutte le altre cose, per
quanto elevate, la costringerebbero a discendere, perchè è tornata ad essere
quello che era una volta. Tutto ciò di cui prima godeva, vale a dire
cariche, potere, ricchezza, bellezza e scienza, ora lo disprezza e riconosce
che non avrebbe potuto chiamarli “beni” se non avesse incontrato qualcosa di
migliore. Essa non teme alcuna sofferenza, finchè è in sua presenza, tutta
presa dalla sua contemplazione. E se pure ogni cosa perisse intorno a lei, ben volentieri
l’accetterebbe, pur d’essere da sola a solo di fronte a Lui; a tal punto giunge
la sua gioia. Infatti, il vivere quaggiù fra le cose terrene, è “caduta”, “esilio” e “perdita delle ali”. Se
l’uomo ignora questa esperienza, rifletta su questi amori terreni e si chieda
che cosa voglia dire raggiungere ciò che si ama più di tutto il mondo, pensando
che questi sono amori di creature, mortali e caduchi, amori di fantasmi, poichè
non sono ciò che è veramente amabile, nè sono il nostro bene, nè quello che
andiamo cercando.”
Platone
“Tra gli uomini ce ne sono alcuni che sono
come dominati dall’incanto magico delle cose del mondo e degli oggetti esterni
e si riducono così a poco o nulla. Altri dominano le cose ed ergono il loro
capo verso il cielo, fuori del mondo, e salvano così la parte migliore della
loro anima e ciò che v’è di originario nella sua essenza.”
“Di là dall’intelletto
raziocinante, di là dalle credenze, di là dai sentimenti, di là da ciò che oggi
vale in genere come cultura e come scienza, esiste un sapere superiore. In esso
cessa l’angoscia dell’individuo, in esso si dissipa l’oscurità e la contingenza
dello stato umano di esistenza, in esso si risolve il problema dell’essere.
Questa conoscenza è trascendente, anche nel senso che essa presuppone un
cambiamento di stato. Non la si consegue che trasformando un modo di essere in
un altro modo di essere, mutando la propria coscienza. Trasformarsi – questa è
la premessa della conoscenza superiore. La quale non sa di “problemi”, ma solo
di compiti e di realizzazioni. La mutazione della propria struttura più
profonda è ciò che solo conta ai fini della conoscenza superiore. La conoscenza
superiore è in tutto e per tutto esperienza. Questa conoscenza – la quale è ad
un tempo sapienza e potenza – è essenzialmente “non-umana” e ad essa si
perviene per una via presupponente il superamento attivo ed effettivo,
ontologico, della condizione umana.”
Plotino, Enneadi
L’uomo è universale, se cerca di
circoscriversi e limitarsi nel particolare e individuale non può che degenerare
e perire. Se la sua direzione non è verso l’alto, verso il completamento di sè,
verso il risveglio della sua integrale natura, si trova a percorrere la via
dell’ignoranza e della sofferenza. Chi crede di risolversi nell’Unità rimanendo
attaccato alla molteplicità si illude. Al cospetto di “Lui” bisogna denudarsi
di tutto. La via per Ain è una via di “negazione” di morte psicologica (delle
apparenze), e di “affermazione” dedizione (dell’Essere); è una via di morte e
di risveglio, è una via di solitudine, di coraggio e di comprensione.
L’ Ain non può essere oggetto
percettivo intellettuale, ma è frutto di “realizzazione”. La verità metafisica
non può ridursi in schemi, concetti o costrutti intellettuali analitici, poichè
trascende ogni esperienza fisica.
Chi ama la Libertà lascia che il
mondo della necessità miseramente si estingua, senza rimpianti, senza lamenti,
senza stupori; quando la rischiarante luce del sole brilla all’orizzonte, chi
mai oserebbe attaccarsi al debole riflesso della luna? Si sa che mettendo
l’accento su “certe cose” (acquisizione di poteri psichici, ecc) si hanno
certamente molti seguaci. La linea di minor resistenza è dei più; occorre
ricordare che “molti sono i chiamati ma pochi gli eletti”, non perchè vi siano
privilegiati o predestinati, ma perchè non tutti vogliono “morire da vivi”, non
tutti vogliono “cessare di essistere” per Essere.
“L’anima quando è inviata su
questa terra prende un rivestimento terrestre per preservarsi qui in basso,
così come riceve in alto un rivestimento splendente per poter guardare senza
danno nello specchio la cui luce procede dal Signore della Luce. Guai all’anima
che preferisce al suo divino sposo l’unione terrestre con il suo corpo di
carne.” El-Khatibi
Già Empedocle, come più tardi
Platone, paragona il mondo ad un’oscura caverna, ove noi saremmo rinchiusi.
Nella nostra esistenza terrena egli vede uno stato di esilio e di sventura, e
il mondo fisico e il corpo vissuti senza coscienza diventano il carcere
dell’anima. Queste anime si sono un tempo trovate in una situazione felice e
per propria colpa e peccato sono cadute nell’attuale rovina, in cui esse vanno
implicandosi sempre più con una condotta peccaminosa, incorrendo nel cerchio
della metempsicosi, mentre con la virtù e con la purezza dei costumi, esse
possono ritornare ora coscientemente alla situazione primigenia.
“Nella mitologia orfica, Dioniso venne fatto a
pezzi e divorato dai Titani, per poi essere ricomposto da Zeus; quest’ultimo,
per punizione, folgorò e incenerì i Titani, e, dal resto delle loro ceneri,
nacque il genere umano. Il mito orfico di Dioniso rappresenta lo “smembramento”
dell’Uno nei molti Io. Questo
simbolismo è universale: così in Egitto, per esempio, si ha la morte di Osiride
per smembramento. Nella visione metafisica orfica, l’uomo è ritenuto composto
di una parte immortale (coscienza) che proviene dal divino e di una parte
mortale (l’ego) che proviene dall’elemento titanico. L’uomo deve riconoscersi
quale elemento doppio: titanico e divino; tocca alla propria coscienza
stabilire se essere un tutt’uno col divino o col titanico. L’individuo è
elemento di transizione, per cui è tutto e non è niente. La sua lotta, il suo
travaglio, la sua stessa impotenza derivano dal non sapersi definire e, di
conseguenza, dal non sapersi unificare e integrare. Ma questa doppiezza non è
assoluta perchè l’elemento titanico è solo una “sovrapposizione” alla pura
Realtà; il fattore titanico è una seconda falsa natura. Attualmente l’umanità
vive sotto l’impressione di questa falsa natura fino a esserne vittima
indifesa. La verità si è capovolta: è reale ciò che “appare”, è falso ciò che
realmente è. Così il neofita, fattosi a pezzi (molteplicità di Io) con la
caduta nella generazione, deve rinascere all’elemento dionisiaco, deve
ricomporsi per trovare l’unità metafisica. L’elemento titanico ha diviso
l’unità, ha rotto l’equilibrio e l’armonia primordiale, occorre così morire a
questo elemento separatore e rinascere all’unità primigenia. Il frammento decaduto,
si è costruito una “tomba”, un carcere, costretto ormai dalle leggi della
necessità e del divenire, fino a quando la coscienza non si reintegra
nell’Anima per ritornare unità. Questo avviene tramite la “discesa agli
inferi”, la morte psicologica dei diversi Io, che rappresenta, inoltre, l’opera
al nero dell’Ermetismo, la soluzione della solidificazione del passato, lo
scioglimento dei vincoli di ciò che non si è, di tutte le “sovrapposizioni
velanti”. Ma se si entra nella “caverna” per riprendere il proprio oro, occorre
avere tutta la determinazione, capacità e ardire di non “voltarsi”: basta un
ripensamento, una debolezza, un alibi, una qualificazione con cui si è vissuti
per tanto tempo, e l’Opera fallisce. Nell’Orfismo, l’uomo ha un imperativo
immediato: vivere una vita conforme alla Legge divina e, conseguentemente,
ritrovare la propria origine sovrasensibile. L’una cosa è legata all’altra. Non
v’è altro scopo, tutto il resto non è che attività contingente che serve a
tenere in vita e a perpetuare l’elemento titanico. La liberazione di se stessi,
dal corpo e dal mondo non è evasione, bensì ritorno verso la vera “Patria
dell’Essere”, fuga dal mondo delle ombre, dal sensoriale-passionale-intelettuale.
L’iniziato mediante la pura meditazione, ha compreso l’insufficienza, la
caducità, la vanità, l’inconsistenza o non sostanzialità, della sfera del
sensibile materiale. Ogni possibile esperienza mondana, per quanto nobile e
straordinaria, non può non rappresentare un sempre maggiore allontanamento
dalla propria autentica natura. Ogni esperienza individuata viene fatta
dall’ombra del vero Essere, ogni esteriorizzazione non è che un perdersi in
altro, un dipendere da altro: in altri termini, un non-Essere.” Arthur Schopenhauer, Parerga e
Paralipomena
“Compito dell’uomo è salvare il suo
vero Sè e portarlo a quelle altezze a cui appartiene.”
Franz Hartmann
“Gnosi significa “conoscenza”, e
questa sorprende ripetutamente lo gnostico. La prima e fondamentale scoperta è
la “buona novella”, che rivela la natura divina della sua essenza più profonda:
l’anima appare come “scintilla divina”. La seconda è la “cattiva novella”, che
rivela “l’orrore della situazione”: la scintilla si manifesta nella violenza di
potenze oscure, nell’esilio della materia. Rinchiusa nella rozza prigione del
corpo, l’anima viene ingannata dai sensi esteriori; le stelle demoniache la
infangano e la stregano per impedirle di ritornare alla sua patria divina. Gli
gnostici consideravano la vita terrena alla stregua di un oscuro esilio. Alla
nascita, l’anima di luce scende le scale delle sette sfere, come demoni la
appesantiscono, rivestendola del sudicio involucro della materia... Dopo la
morte, il corpo terreno rimane come larva nel Tartaro, mentre l’anima risale
verso la regione dell’aria con gli arconti che cercano di impedirne il
passaggio. A quel punto, è necessaria la conoscenza (gnosi) esatta dei segni e
delle parole d’ordine perchè si spalanchi la strada verso le sette tappe della
purificazione. Nella visione gnostica, al “Pleroma”, ossia alla pienezza del
divino mondo della luce, si contrappone il “Kenoma”, ossia il vuoto del mondo
terreno delle apparenze.”
Giordano Bruno
“Vedo la nostra condizione di
caduti come costituita da quattro deformazioni basilari:
1) Il mondo irreale che
accettiamo come reale. Questi ci taglia fuori dal mondo davvero reale.
2)
L’occlusione percettiva, che ci impedisce di esaminare accuratamente la realtà,
in modo tale che siamo noi stessi a rafforzare la convinzione del mondo
irreale.
3) La
schiavitù pervasiva deterministica, che ci riduce a livello di macchinari
automatici privi di vera volontà. Di questo siamo del tutto inconsapevoli.
4) L’amnesia,
che ci taglia fuori dai nostri veri sistemi di memoria, e che di conseguenza ci
priva delle nostre autentiche identità. In sequenza:1) Creato un mondo
falso
2) Entrati in esso
3) Dimenticati la nostra identità 4) Sofferto
5) Imbattuti in questo viaggio di
autoinganno e imprigionamento.”
Philip K. Dick, L’Esegesi
“Nel mondo ma non del mondo. Nulla possedendo e da nulla essendo posseduti.”
Detto Sufi
“Il tuo viaggio è diretto verso
la tua terra natia. Ricordati che stai viaggiando dal mondo delle apparenze
verso il Mondo della Realtà.” Rumi
“Lo Spirito si manifesta senza sosta al guerriero. Questa però non è
tutta la verità. La verità è che lo spirito si rivela a tutti con la stessa
intensità e coerenza, ma solo il guerriero è costantemente sintonizzato con
tali rivelazioni.”
Carlos Castaneda
Dante, La Divina Commedia:
“Fatti non foste a viver come
bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
“Dimenticai la perla per la quale ero
stato inviato
Giacqui
in un sonno profondo
Ma
di tutte queste cose si accorsero i miei genitori divini
ed
erano afflitti per me Mi scrissero una lettera:
Su,
alzati dal tuo sonno!
Ricordati
della perla
Considera
la schiavitù a cui sei sottoposto!
Ricordati
della perla!”
Canto
della Perla – Apostolo Giuda Iscariota
“Esistono sette gradini sulla
scala che rappresenta lo sviluppo spirituale dell’umanità: sul primo gradino
l’uomo assomiglia a un animale, conscio solo dei suoi istinti e dei suoi
desideri corporei, senza alcuna concezione dell’elemento divino. Sul secondo,
egli comincia ad avere un presentimento dell’esistenza di qualcosa di più
elevato. Sul terzo, inizia a cercare tale elemento superiore ma i suoi elementi
inferiori sono ancora preponderati sulle aspirazioni più elevate. Sul quarto
gradino, i suoi desideri inferiori e superiori si bilanciano reciprocamente. A
volte egli cerca il Superiore, mentre in altre occasioni viene ancora attratto
dall’Inferiore. Sul quinto gradino, egli va alla ricerca ansiosa del divino, ma
cercandolo nell’esterno non può trovarlo. Allora comincia a investigare dentro
se stesso. Nel sesto stadio, egli trova
l’elemento divino entro di sé e sviluppa l’auto-coscienza spirituale, che nel
settimo gradino ottiene totalmente.
Giunti al sesto stadio, i
suoi sensi spirituali cominciano a divenire desti e attivi e quindi egli sarà
in grado di riconoscere la presenza di altre entità spirituali, esistenti sullo
stesso piano. Al settimo gradino egli scopre di essere lui stesso il Dio di cui
era alla ricerca. La sua Volontà è
libera da ogni desiderio egoistico, il suo pensiero è una cosa sola con la sua
volontà e la sua parola diviene un atto creativo. Un tale essere spirituale può
ancora dimorare in un corpo umano su questo pianeta e non essere neppure
riconosciuto dell’umanità, poiché la sua personalità non è Dio. Egli vive eppure non vive, poiché è Dio, il suo Essere divino, la Realtà
eterna che vive in lui.” Franz Hartmann, Magia Bianca e Nera
“Un giorno Narada, il capo dei
musici celesti, disse al Signore dell’Universo: “Signore, mostrami il potere
d’illusione di Maya che può trasformare l’impossibile in possibile.” Vishnù
sorrise e fece un segno di assenso poi s’incamminò insieme a Narada. Dopo aver
camminato per un certo lasso di tempo, il Signore Vishnù ebbe sete e disse a
Narada: “Ho sete, vammi a cercare da qualche parte, un poco d’acqua.” Narada
prese una brocca e partì alla ricerca di acqua perciò si allontanò sempre di
più dal suo Signore, finché avvistò il corso di un fiume. Appena Narada si fu
avvicinato alle rive del fiume vide una fanciulla di grande bellezza che
attingeva acqua nel fiume. Quando Narada si avvicinò, la fanciulla lo salutò
con gentilezza e poi iniziarono a parlare perché si erano subito innamorati uno
dell’altra. Narada la chiese in moglie e lei accettò, perciò si sposarono e
andarono a vivere presso le rive del fiume. Trascorso altro tempo ebbero due
figli che completarono la loro felicità. In seguito infuriò una pestilenza
tremenda che flagellò quei posti, perciò Narada propose alla moglie di
abbandonare la loro casa e di fuggire lontano. La donna fu d’accordo perciò
fecero i bagagli, presero i figli e si misero in viaggio. Ma proprio mentre
stavano attraversando il ponte sul fiume arrivò una grande ondata che spazzò
via i bagagli, fece annegare sua moglie e i suoi figli. Allora Narada,
schiantato dal dolore, crollò sulla riva del fiume e iniziò a piangere
disperato. In quel momento gli apparve Vishnù che gli chiese: “Narada dov’è
l’acqua che ti ho chiesto di portare? Perché stai piangendo disperato? Sei
andato via con la brocca da una buona mezz’ora e non sei più tornato.” Narada
smise di piangere subito e chiese:“Da una mezz’ora?” Per lui erano
passati quasi 12 anni, ma quel tempo era trascorso solo in mezz’ora. Allora
Narada comprese e s’inchinò a Vishnù dicendo:”O Mio Signore, m’inchino davanti
alla Tua magnificenza e al potere della tua Maya!”
Ramakrishna Paramahamsa, Alla Ricerca di Dio
Le persone, il corpo, le cose, la
famiglia, ecc. sono ciò che gli indostani chiamano maya (illusione) forme
mentali vane che prima o poi devono essere ridotte in polvere cosmica. I miei
affetti, gli esseri più cari che mi circondano, ecc. sono semplici forme della
mente cosmica, non hanno esistenza reale. Ciò che sta oltre la mente è Brahman,
l’Eterno spazio increato, ciò che non ha nome, il Reale.
V.M.Samael Aun Weor
Tutto ciò che diviene, si
trasforma, muore, scompare, non appartiene alla sfera dell’Essere. La Natura non possiede vera realtà: essa è
divenire. Ogni forma cosmica, per quanto complessa e maestosa, finisce per
disgregarsi; l’Universo stesso si riassorbe periodicamente, con “grandi
dissoluzioni” (mahapralaya), nella matrice primordiale (prakriti). Questo
processo misterioso che genera e sostiene il cosmo (e così facendo rende
possibile l’”eterno ritorno” delle esistenze) è la “maya”, l’illusione cosmica
sopportata (o peggio ancora valorizzata) dall’uomo finchè è accecato dalla
non-conoscenza (avidya). La realtà assoluta, l’Essere puro, l’Assoluto,
qualunque sia il nome con cui lo si vuole indicare: il Sé, l’Essere, l’incondizionato,
il trascendente, l’immortale, l’indistruttibile, ecc. è al di là dell’illusione
cosmica intessuta dalla maya, e al di là dell’esperienza umana condizionata dal
“karma”, la legge della causalità universale che rende l’uomo solidale alla
creazione e lo condanna alla trasmigrazione; La conoscenza della verità è
preziosa grazie alla sua funzione soteriologica, perchè la verità aiuta l’uomo
a liberarsi. Lo scopo supremo del saggio non è il possesso della verità, bensì
la liberazione di se stessi e di maya, la conquista della libertà assoluta.
“Liberarsi” equivale a conquistare un altro grado - piano di coscienza - esistenza,
a impadronirsi di un altro modo d’essere, che trascende la condizione umana.
“Rompendo” la condizione umana si “muore” a tutto ciò che era umano e ciò
implica altri livelli di coscienza: la rinascita in un modo d’essere non-condizionato
da nulla, concetti, idee, attaccamenti, desideri, se stessi, ecc., ed è questa
la vera liberazione, la libertà assoluta.
Andare oltre maya è l’insegnamento
suggerito al genere umano dai VV. Maestri nel corso dei millenni. Ergersi al di
sopra della dualità della creazione e percepire l’unità del Logos fu
considerato il fine supremo dell’uomo. Coloro che si aggrappano all’illusione
devono accettare la sua legge fondamentale di polarità: flusso e riflusso,
ascesa e caduta, giorno e notte, piacere e dolore, bene e male, nascita e
morte. Questo modello ciclico assume una certa angosciosa monotonia, dopo che
l’essere umano è passato attraverso tante nascite e morti. Finchè l’essere
umano resterà soggiogato dalle illusioni dualistiche della natura, finchè Maya
sarà la sua dea, egli non potrà conoscere il vero Dio.
“Questo mondo è una bolla di
schiuma, un miraggio. Coglilo nella sua realtà e renditi invisibile alla
morte. Questo mondo è un carro regale dipinto a vivaci
colori. L’inconsapevole vi si perde. Ma il saggio resta distaccato.” Dhammapada – Buddha
Se si dovesse caratterizzare la
civiltà moderna – quella che non pochi continuano a chiamare come la civiltà
per eccellenza – si potrebbe dire che essa non solamente è una civiltà affatto
“samsàrica” ma che, fra tutte, è la civiltà che del Samsàra ha fatto un vero
culto, esaltandolo e gettando discredito e disprezzo su ogni diverso punto di
vista e sul Divino. Così una realtà sovratemporale e trascendente in senso
positivo oggi non si sa più che sia, nè desta interesse.
La vita è una scelta perpetua tra
verità e falsità, luce e oscurità, progresso e regressione, ascesa verso le
altezze o caduta nell’abisso, coscienza o incoscienza, Essere o Io- Personalità- Mente. Ad ognuno è dato di scegliere liberamente
e raccogliere le conseguenze.
Fuori troveremo mille cose per
distrarci, ma nessuna sarà capace di contentarci veramente come l’Essere
Interiore. L’esteriore è multiplo, apparente ed illusorio. L’Essere interiore è
unico, vero e reale.
V.M.J. - Firenze, agosto 2023